Pubblicato il numero 2/2019 della rivista “Teresianum”

È disponibile da ora il numero 2/2019 della Rivista Teresianum, espressione della Pontificia Facoltà Teologica e del Pontificio Istituto di Spiritualità “Teresianum”.

Storia
Settant’anni fa, la rivista Ephemerides Carmeliticae fu fondata per promuovere una riflessione approfondita sulla vita e sulla dottrina del Carmelo in seno alla Facoltà di Teologia dei santi Teresa di Gesù e Giovanni della Croce, che diverrà “Pontificia” nel 1963 e che prenderà il nome “Teresianum” a partire dal 1982, in occasione del quarto centenario della morte di Teresa. Nello stesso tempo, la rivista adottò il nome Teresianum, rimasto identico fino ad oggi. In un contesto teologico e culturale assai diverso, la nostra missione rimane ancora quella di manifestare le potenzialità teologiche, particolarmente degli autori carmelitani. 

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Dall’Editoriale
Il congresso internazionale su “Memoria e speranza in san Giovanni della Croce”, di cui pubblichiamo gli atti in questo numero, si è te­nuto il 9 e il 10 maggio 2019 al Teresianum, Roma. L’internazionalità del congresso è facilmente deducibile dal fatto che i conferenzieri proven­gono da sei paesi diversi e offrono i loro contributi in diverse lingue tra le quali spicca l’italiano, ma anche lo spagnolo, l’inglese e il francese. Prima di passare alla presentazione di questi contributi, propongo al­cune risonanze e tre osservazioni sul congresso come tale.

Gli autori si av­vicinano alla figura di Giovanni della Croce con le loro competenze multiformi in esegesi e filologia (Secundino Castro Sánchez, Loretta Frattale), filosofia (Patrizia Manganaro), psicologia (Grazia Petti), teo­logia (Jean-Baptiste Lecuit, Iain Matthew), spiritualità carmelitana (Juan Antonio Marcos, Emilio Martínez, Jesús Manuel García e Joseph Spence) e pastorale (Iva Beranek). Certo, Giovanni della Croce si in­teressa alla memoria e alla speranza in primo luogo per aiutare i suoi lettori nella loro vita spirituale. Nonostante questa sua impostazione, l’avvicinamento pluridisciplinare all’insegnamento del mistico carme­litano consente di cogliere meglio la sua dottrina spirituale sulla base di una prospettiva antropologica da lui non completamente esplicitata.

Vari autori si chiedono in quali condizioni la dottrina sanjuanista sia praticabile. Prendiamo un esempio dai capitoli del terzo libro della Salita dedicati alla purificazione della memoria: «affinché la spe­ranza sia interamente in Dio, non ci dev’essere nella memoria nulla che non sia Dio» (3S 11,1). Come comprendere questo e altri simili passi? Un’interpretazione “alla lettera” condurrebbe immediatamente a contraddizioni. Basterebbe un’amnesia per arrivare alla speranza teolo­gale piena e la rimozione di eventi (che poi agiranno inconsciamente sulla persona) sarebbe da incoraggiare. Per chiarire le cose, un primo contributo importante è quello di non focalizzarsi sulla memoria come archivio di ricordi, ma sulla capacità di ricordarsi e sui ricordi attuali, come già André Bord ha mostrato nel suo libro classico, spesso citato, Mémoire et espérance chez Jean de la Croix. Tutti possono fare l’esperienza che certi ricordi ostacolano la vita presente e impediscono il cammino, anzi il volo della speranza. In realtà, i ricordi attuali pongono delle do­mande fondamentali sul nostro rapporto con Dio, con il mondo e con noi stessi: che cosa ci importa nella vita? Quali ricordi riteniamo degni di attenzione? O ancora: i diversi ricordi ci lasciano abbastanza liberi e desiderosi dell’unione con Dio che è lo scopo dichiarato di Giovanni? In altri termini ci si chiede se la relazione con le creature ostacoli la realizzazione della nostra vocazione comunionale.

Nelle opere di Giovanni della Croce è significativo il fatto che al­cune tematiche siano assenti. In primo luogo, Giovanni non parla molto di un aspetto fondamentale della nostra memoria, cioè del perdono. La guarigione della memoria fino in fondo però include anche il perdono. In Giovanni rimane implicito. Ciononostante, la purificazione della me­moria e la corrispondente crescita nella speranza fa entrare nell’unione con Dio e nella sua volontà di riconciliazione con le persone umane. In secondo luogo, e in stretta connessione con il perdono, mi riferisco al ricordo e all’oblio delle persone. Si potrebbe dire che la dottrina sanjuanista si applica implicitamente anche a persone umane nella misura in cui anche loro possono ostacolarci più che incoraggiarci nel cammino. Ma una tale radicalizzazione mal intesa diventa problematica: come vivere concretamente la carità senza ricordarsi delle persone amate? Si dovrebbe perfino dimenticare il Verbo in quanto incarnato e tutto ciò che ha fatto per noi? Credo che Giovanni della Croce già nelle sue opere abbia delle risposte a queste domande e che, se potesse parlare oggi, potrebbe dispiegarne il senso. Ribadisco soltanto che queste do­mande aiutano a capire come certi ricordi attuali abbiano e debbano avere importanza per il cammino spirituale.

Secundino Castro Sànchez scrive su «La esperanza sanjnanista, expresión del devenir dramático de la Biblia en pos de la nneva Jerusalén». Nel dialogo con alcuni libri biblici, l’autore mostra che il processo di trasformazione sanjuanista può essere inteso come una storia della sal­vezza. Così, per esempio, la teologia dell’esilio (Noche) e la speranza della Gerusalemme nuova (Llama) vengono lette nella prospettiva sanjuanista come realizzate già in questa vita. Da parte sua, Loretta Frattale offre un’interpretazione della famosa poesia «“Aunque es de noche”: esperienza, memoria e speranza della notte nella poesia di san Giovanni della Croce». La poesia La fonte viene letta come momento sorgivo della notte nella quale si sperimenta la polarità tra memoria e speranza.

La parte dedicata alla prospettiva teologica viene aperta con il con­tributo di Jean-Baptiste Lecuit intitolato «Mémoire de Dieu: oubli de tout? La purification de la mémoire par l’espérance à la lumière de la pensée de Jean de la Croix». L’autore precisa come la dottrina sanjuanista è praticabile, in particolare alla luce di un passo nel quale Giovanni spiega che dob­biamo ricordarci di tutto ciò che le circostanze richiedono (lo que es obligado, 3S 15,1). Lecuit fa anche dialogare Giovanni della Croce con le neuroscienze e quella che viene chiamata la memoria del futuro. Cerca inoltre di illuminare una realtà non tematizzata da Giovanni, cioè la memoria delle persone, in particolare a partire dalle considerazioni sull’umanità di Cristo. Iain Matthew riflette su «Memory, and Hope in Eternai Life. “The memory has changed into eternal apprehensions of glory” (2N 4.2)». Dio ci ama come siamo e allo stesso tempo come ciò che pos­siamo diventare per grazia nel futuro di Dio. La trasformazione spiri­tuale e dunque anche la purificazione della memoria si può descrivere come un entrare nella memoria di Dio che ci vede non come prigionieri del passato, ma come capaci di gloria nella comunione con Lui.

Nella parte spirituale del volume, presentiamo in primo luogo il contributo di Juan Antonio Marcos su «Olvido y cuidado en la mística sanjuanista». La dottrina sanjuanista sulla memoria viene letta in una duplice direzione apparentemente opposta: da un lato la dimenticanza viene interpretata come un superamento dell’attaccamento ai pensieri e ai ricordi, ma dall’altro viene sottolineata la cura di sé e degli altri come accoglienza della vulnerabilità propria e altrui, a immagine del Verbo che ha assunto la nostra fragilità. L’articolo di Emilio Martínez è dedicato al tema «Pregare: dal gemito al ricordo. San Giovanni della Croce». Con una ricca scelta di testi in tutta l’opera di Giovanni della Croce, la preghiera viene considerata in una prospettiva relazionale, distesa tra il gemito e il ricordo, dove il ricordo amoroso di Dio è il frutto della purificazione della memoria. Da parte sua, Jesús Manuel García propone il suo contributo su «La purificazione della memoria nel dittico della Salita e Notte in Giovanni della Croce», dove l’autore descrive la purificazione della memoria e la corrispondente pacifica­zione e guarigione della persona come condizioni della vita spirituale.

La parte dedicata allo sviluppo psicologico e pastorale si apre con il contributo di Grazia Petti intitolato «Il volo memore e gli altri nomi del desiderio in Giovanni della Croce», nel quale la speranza teologale è letta in una prospettiva psicologica come espressione del sé deside­rante che aspira all’unione divina. Il contributo di Iva Beranek invece si intitola «St. John of the Cross – Hope far the Hopeless Places. Healing of Memories and the Places of Conflict». Offre un’integrazione pastorale della dottrina sanjuanista sulla memoria con uno sguardo spirituale sul processo di guarigione di persone traumatizzate, portando l’esempio dell’Irlanda del Nord.

L’ultima parte del volume propone due riletture carmelitane di Gio­vanni della Croce. La prima viene offerta da Joseph Spence su «Una memoria “vivente”: la rilettura di san Giovanni della Croce da parte di santa Teresa di Lisieux» e si interessa alla ripresa personale di Giovanni della Croce nella vita e opera di Thérèse di Lisieux a partire da uno studio dottorale. La seconda rilettura è redatta da Patrizia Manganare su «Filosofia della mistica. Un approccio fenomenologico», nella quale la riflessione sull’esperienza mistica del Santo spagnolo è mediata da Edith Stein.

Dopo il 5° centenario della nascita di Teresa di Gesù, sono lieto di offrire questo volume su colui che ha ricevuto tanto da Teresa e che è stato il suo accompagnatore. Il tema della memoria e della speranza sembra a prima vista specialistico, ma tocca in realtà tutta la vita spi­rituale e sollecita una nuova riflessione sulla polarità tra creatura e Creatore così incisiva nell’opera di Giovanni della Croce.

 

Estratto indice

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